Nell’anno 1311, Abubakari II dominava già su buona parte di quello che a breve sarebbe diventato un impero che, alla sua massima estensione, sarebbe stato secondo solo all’impero mongolo tra i contemporanei. Un territorio esteso dalle sponde dell’Oceano Atlantico a ovest, fino all’inarcamento del fiume Niger a est; dalle foreste a sud, fino al deserto, a nord. Era questo l’Impero del Mali, una potenza senza rivali dopo il declino dell’Impero del Ghana, che era stato poi ridotto a vassallaggio.
Ma seppur padrone di tante terre, Abubakari II aveva definitivamente volto lo sguardo verso il mare, di cui desiderava raggiungere il confine. Così, in seguito a una prima fallita spedizione, decise di guidare egli stesso un’imponente flotta verso l’ignoto.
Prima di partire, come era costume quando un sovrano si allontava dalla sede del potere, nominò un reggente: il suo consigliere Musa, il cui nonno fu nipote del fondatore dell’Impero, Sundjata Keïta. Abubakir II però non fece mai ritorno alla sua corte, pertanto nel 1312 salì al trono Mansa Musa I (Mansa è traducibile come “sultano” o “imperatore”).
Mansa Musa I era un uomo devoto, all’Islam e alla sua patria. Come il suo predecessore aveva dei chiari piani in mente; piani che lasceranno un’impronta nell’immaginazione e nello scenario socioeconomico dei suoi contemporanei.
Va a questo punto precisato che l’Impero del Mali non era solo una potenza militare, bensì una terra prospera, che aveva accumulato grandi ricchezze attraverso l’estrazione e il commercio di sale e oro. In tutta probabilità nessuno al mondo poteva stare al passo con la macchina di produzione che era questo paese, e presto il mondo l’avrebbe riconosciuto.
Tra il 1324 e il 1325 Mansa Musa onora il quinto pilastro dell’Islam intraprendendo lo Hajj, il pellegrinaggio alla Moschea della Mecca, la città più sacra ai fedeli musulmani. Lo compie però come si addice a un Mansa del Mali: al suo seguito vi sono 60,000 uomini, di cui 12,000 schiavi (tra questi 500 erano servi personali dell’imperatore e portavano bastoni decorati in oro), tutti vestiti di broccato e seta dalla Persia; inoltre, 80 cammelli, ciascuno con un carico d’oro di quasi 150 kg, e altre centinaia carichi di viveri e tessuti. Si dice che chi si fermava a osservare questa impressionante processione avrebbe potuto attendere dall’alba al tramonto senza vederne la fine.
Lungo il percorso, Mansa Musa regalava oro ai poveri e spendeva cifre esorbitanti nei mercati. Una volta giunto al Cairo donò 50,000 dinari d’oro al sultano, in un gesto d’amicizia che fu ricambiato con un trattamento da re durante il soggiorno di tre mesi; a Mansa Musa fu riservato un intero palazzo e lodi oltre misura.
Giunto in Arabia l’imperatore acquistò terreni e alloggi perchè altri maliani potessero compiere lo stesso pellegrinaggio. Fu mosso dai monumenti e dagli edifici sacri e, oltre ai mercanti, al suo ritorno in patria portò accademici e architetti arabi.
A Musa si devono beni culturali come la moschea di Goa e l’ampliamento di quella di Sankoré a Timbuktu, che divenne un’università prestigiosa e che avrebbe presto insegnato a migliaia di studenti (con una collezione di manoscritti seconda in Africa solo alla biblioteca di Alessandria).
I progetti dell’imperatore del Mali avevano sortito l’effetto desiderato. In precedenza questa regione era considerata, nel mondo islamico, una terra secondaria, di frontiera. Ma questa impresa (assieme a quelle militari, che non furono indifferenti, e commerciali) la pose tra i più alti ranghi dell’epoca. Una forza sì militare, ma anche culturale ed economica, la cui fama si propagò in ogni direzione.
È difficile tradurre in termini moderni le risorse che poteva vantare Musa I (basti pensare che durante il suo pellegrinaggio elargì talmente tanto oro da causare un crollo nel valore del metallo e di una conseguente recessione!), ma vengono stimate a circa $400 miliardi. Per paragone, CEO di Amazon e uomo più ricco dei nostri tempi, ha un patrimonio stimato di “solo” $150 miliardi.
Un primato che, insieme a tanti altri, ricorda al mondo le ricchezze materiali e umane dei popoli africani.